lunedì 8 dicembre 2025

 

Emidio de Berardinis

presenta

VIA IGNIS...

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Via Ignis, il nuovo lavoro autoprodotto da Emidio De Bernardinis, non è un disco: è una fenditura. Un varco aperto in quello spazio interiore che siamo abituati a ignorare mentre scorriamo distrattamente lo schermo di uno smartphone. Dodici canti costruiti come altrettante stazioni di un percorso iniziatico, in cui l’ascoltatore non è invitato a “godere” della musica, ma a misurarsi con essa.

Il concept affonda le radici nell’immaginario simbolico degli Arcani Maggiori, in particolare nella figura dell’Appeso, archetipo del ribaltamento dello sguardo. De Bernardinis assume quella postura sospesa e la traduce in brani che rifiutano ogni tentazione di compiacimento: niente slogan motivazionali, nessun ritornello consolatorio, ma una scrittura che alterna ferocia e tenerezza, visioni mistiche e fenditure psicologiche.

La voce si fa deserto, talvolta abisso, talvolta preghiera. Le parole sono affilate, ma capaci di aprire spiragli luminosi in chi accetta di lasciarsi “fermare” da queste tracce che non accompagnano: deviano, disturbano, spogliano. È un album che predilige il fuoco alla forma, l’urgenza alla levigatezza, e proprio per questo colpisce come un rito di passaggio.

Via Ignis è un invito alla disobbedienza interiore: una chiamata a spegnere l’automatismo del quotidiano per riaccendere il centro della coscienza. Ne si esce scossi, forse stanchi, ma più lucidi. Un disco che non cerca consenso, ma risveglio. Da attraversare con cautela, magari in ginocchio — ma con la promessa di rialzarsi diversi.

Ciao Emidio! Iniziamo parlando del tuo percorso musicale e come sei arrivato fin qui.

Ciao e, innanzi tutto, grazie per il vostro interesse!

Allora, mettiamola così: credo che nella vita ci siano sentieri che non vengono scelti ma sono loro a scegliere te! Ho attraversato anni di musica condivisa, di gruppi, di voci che si intrecciavano alla mia … poi, all’improvviso, è arrivato il silenzio.

Un silenzio lungo, necessario, una sorta di un eremitaggio interiore; e in quel vuoto sono riaffiorati “sensi”, non solo musicali, ma dell’Essere. Da quel punto di quiete è nata la necessità di iniziare a camminare la via dell’Arte da solo: non per separazione, ma per assicurare fedeltà all’unione con Me stesso che reclamava interiormente la mia attenzione da tempo immemore!

 

“Via Ignis” è il tuo primo album solista, come lo presenteresti?

 

È un diario di viaggio in forma poetica e di suono: dodici brani che scandiscono dodici stazioni di un pellegrinaggio non geografico ma coscienziale. Il fuoco del titolo non è da associare alla distruzione, bensì alla purificazione: è una via che brucia le vecchie impalcature dell’io per lasciare spazio a ciò che, di più Vero e vibrante chiede di manifestarsi. Si tratta di un’opera che non è scaturita come risposta al desiderio egoico di “fare un album”, ma per accendere un lume che possa supportare chi cammina nel buio dell’inconsapevolezza (anche se, in verità, quel lume serve ancora, prima di tutto a me).

 

Quali sono le tradizioni esoteriche e spirituali di riferimento?

 

Sono come correnti sotterranee che si incontrano nella stessa sorgente: ci sono tracce del sufismo, con il suo danzare attorno al centro; echi della gnosi, dei Padri del Deserto, delle Upanishad, dell’Advaita, del risveglio della coscienza squisitamente gurdjeffiano… Ma più di tutto, c’è la mia personale archeologia dello spirito: intuizioni improvvise che arrivano proprio quando non le cerchi, letture dimenticate che riaffiorano per essere reinterpretate, coincidenze che diventano simboli maestri …

In realtà, non ho mai voluto aderire ad una singola tradizione, preferisco lasciarmi attraversare da tutto ciò che mi richiama, che studio e di cui faccio esperienza cosciente. Il mio più grande lavoro interiore consiste, però, nel conservare solo ciò che risuona con la mia coscienza e che si esprime attraverso la nostalgia della Verità e della Bellezza.

 

In che modo questo disco si intreccia con la tua vita ordinaria?

 

Direi che è stato un tentativo di armonizzare due rive: la vita quotidiana, con le sue scadenze e i suoi gesti meccanici (da cui desidero ardentemente liberarmi del tutto), e quella parte invisibile che spesso si mette a tacere, per pigrizia o per inconsapevolezza!

“Via Ignis” è nata nello spazio in cui queste due dimensioni si sono finalmente messe in comunicazione: è come se ogni brano fosse un frammento di ciò che ho compreso mentre cercavo di conciliare la dimensione del sacro con il supermercato, la meditazione con il traffico, il pagamento delle bollette con la ricerca dello Spirito.

È un’opera che non descrive la mia vita, ma le restituisce il senso più autentico.

 

Vuoi lasciare un augurio ai nostri lettori e ai tuoi ascoltatori?

 

Vorrei augurare a ognuno il coraggio di ascoltare e preservare il proprio silenzio, perché lì spesso si nasconde la parola che manca per riuscire a trascendere l’illusione del mondo e tutta la sofferenza che ne scaturisce.

E di intraprendere, senza paura ma con rinnovata dignità, la propria personale via, sia essa di fuoco, di acqua o di vento! Le vie sono molte, ma tutte conducono alla stessa soglia e quando la si attraversa, anche solo per un istante, cambia completamente il modo in cui ci si relaziona con gli eventi e le persone.

Che il vostro sguardo possa divenire presto leggero e luminoso come quello di chi ha ricordato, finalmente, la propria origine divina … al di là di ogni superficiale e transitoria apparenza.



domenica 7 dicembre 2025

 



Atom Lux

Voidgaze Dopamine Salad

https://open.spotify.com/intl-it/album/64Y8KzprtJzLOStLQP7kCS?si=0ho9aKmaQLS0htE_uacqig

 

Descrizione Album

Con il suo album di debutto Voidgaze Dopamine Salad, Atom Lux (in parte Lucio Filizola) intraprende una turbolenta esplorazione ai confini del rock psichedelico contemporaneo.

Atom Lux nasce dal desiderio di abbracciare l’instabilità come motore creativo. Invece di scegliere un solo linguaggio musicale, Filizola intreccia psych rock, alternative, garage, soft stoner e prog-pop, lasciando che si scontrino, si sovrappongano e si trasformino in qualcosa di fresco e unico. Il risultato è un album che sfugge alle definizioni, ma che al tempo stesso mantiene una forte coerenza: un multiverso caleidoscopico tenuto insieme dalla forza gravitazionale dell’energia rock più autentica.

Al centro di Voidgaze Dopamine Salad si incontrano gioco e apocalisse, visioni allucinatorie e strutture solide. I dieci brani poggiano su chitarre granitiche e riffose, synth frastagliati, voci sature e una sezione ritmica pulsante, mentre i testi spalancano porte su immaginari surreali e grotteschi: scimmie allucinate, fiumi di lava, universi frattali, singolarità cosmiche letali, conigli inebrianti, serpenti doppiogiochisti e danzatori isterici. Ogni traccia è un portale diverso, ma tutte insieme compongono un mosaico sonoro vivido e delirante, in cui caos e melodia convivono in tensione costante.

Pur non essendo un concept album, il disco porta con sé un filo conduttore forte: la sensazione di un’insalata di dopamina servita su un piatto fatto di lunghi sguardi nel vuoto, un banchetto frammentato e ipnotico di emozioni, visioni e distorsioni. Il titolo stesso riassume il paradosso che anima la musica di Atom Lux: un mix irriverente di ironia, psichedelia e inquietudine esistenziale, servito con l’energia ruvida e diretta di una live performance rock.

Con Voidgaze Dopamine Salad, Atom Lux si presenta come una voce nuova e riconoscibile nel panorama psych/alt-rock. Un lavoro eccentrico eppure curato, surreale ma radicato nella tradizione, che dimostra come il rock possa ancora reinventarsi quando viene filtrato da un’immaginazione senza confini. Più che un semplice debutto, è un invito ad entrare in un multiverso sonoro in cui ogni ascolto svela nuovi dettagli, nuove distorsioni, nuovi modi di guardare nel vuoto.

 

L’INTERVISTA

 

1.      Dal prog dei Möbius Project al psych/alt-rock di Atom Lux: come descriveresti questo percorso evolutivo?

I Mobius sono stati i compagni di crescita musicale, da quando inizialmente - sotto il nome di Sphera – durante gli anni del liceo, ci divertivamo a spaccare i timpani ai clienti del pub di turno, a forza di cover degli Zeppelin, Red Hot, Hendrix, Beatles, Stones e compagnìa..a quando abbiamo scelto di prendere una deriva prog, con la pubblicazione di Ra Me Nivar. Il prog rock è stato un genere che mi ha insegnato tantissimo, ma più recentemente ho deciso di innescare una sorta di rottura con questo genere (che continuo però ad amare, e richiamare in vario modo nella mia musica) e mi sono ritrovato in uno sweet spot caratterizzato dalla fusione di psichedelia, garage, alternative e (un po’ di) stoner, che è il terreno su cui mi trovo a camminare al momento.

 

2.      Dopo una pausa di diversi anni, cosa ti ha spinto a tornare a comporre nel 2019?

Anche se in misura molto minore, ho continuato a suonicchiare anche dopo lo scioglimento dei Mobius, ma ho scritto pochissimo. Ad un certo punto mi sono semplicemente stancato di non avere un progetto vero e proprio - di suonare “a vanvera” - e quindi ho deciso di riattivarmi anche dal punto di vista compositivo, ritrovando la “vena” con relativa facilità. Qualche anno dopo - dopo il mio trasferimento a Roma, nel 2021 - ho deciso di dar vita al progetto Atom Lux. 

 

3.      Com’è stato creare un progetto solista completamente libero da vincoli di genere?

Non avendo una produzione artistica alle spalle (che oggi rischia di tradursi in una sorta di linea di business basata anche su trend di mercato), ma essendo indipendente, mi risulta molto facile e comodo essere libero da qualsiasi vincolo, e mi diverto un sacco. Ovviamente ci sono tutti i contro che caratterizzano un progetto di nicchia indipendente, ma questa cosa non mi scoraggia per niente.

 

4.      Cosa ti porti dentro dell’esperienza con Ra Me Nivar e del lavoro del 2014?

Come dicevo, con i Mobius ho condiviso la crescita musicale a partire dalla prima adolescenza. Con loro ho imparato come si scrive e si arrangia musica in una band. Ra Me Nivar è nato quando già la band era sparpagliata per l’italia (causa università) ma siamo comunque riusciti a vederci periodicamente per chiudere il lavoro. Da quell’esperienza - e in generale da quel periodo musicale della mia vita - sicuramente continuo a portarmi dentro l’animo prog rock, che - anche se sono riuscito a (o meglio, ho deciso di) domare – non andrà mai via, e la cosa mi sta bene.

 

5.      Nel 2024 Atom Lux diventa una full band: come ha cambiato il tuo modo di scrivere o suonare?

Per il momento continuo a scrivere da solo, anche essendo attivo in full band, ma sto ritornando ad apprezzare la condivisione di idee, e la mutua influenza tra elementi della band, in sala prove. Era qualcosa che mi mancava. In sala infatti succede spesso di stravolgere intere sezioni dei miei brani, aggiungere parti, modificare e ri-arrangiare, a favore di una migliore resa live e di una migliore coesione della band. Venite a sentirci dal vivo!

 

6.      Quanto conta la sperimentazione per te, oggi, rispetto agli inizi?

Conta sempre molto. Credo che in una certa misura, sperimentare, provare, anche sbagliando, debba essere sempre al centro di una produzione artistica creativa. Può trattarsi anche semplicemente di perdere un’ora sulla scelta di un suono, per ottenere quello perfetto per un pezzo (evitando di accontentarsi), o sperimentare nuovi incastri ritmici, o nuove progressioni armoniche, qualsiasi cosa…ma l’esperimento è fondamentale – e anche divertente.

 

7.      Qual è il tuo rapporto con l’immaginazione “senza confini” di cui il disco sembra nutrirsi?

Mi piace molto la sensazione – non so cosa succede nel cervello ma è piacevole – dell’imbattersi in qualcosa di inaspettato, un plot twist, dello scoprire cose o concetti che non avrebbero senso di esistere. Sarà che questa sensazione allontana un po’ la noia (?), grande nemica dell’uomo, non so..Per intenderci con un esempio stupido e senza senso, se di notte mi alzo assetato, vado in cucina e apro il frigo per prendere dell’acqua, e dentro al frigo ci trovo l’acqua - insieme a tutto quello che dovrebbe stare in un frigo – tutto torna.  Se invece aprendo il frigo dentro ci trovo Leonardo da Vinci che fa un massaggio a Gianfranco Magalli, steso a pancia in giù su una fetta di pane che funge da lettino, mentre ascoltano i Motörhead a palla, la cosa sarebbe inattesa, e sicuramente divertente.

 

8.      Cosa rappresenta per te Voidgaze Dopamine Salad nel tuo percorso artistico?

Vedo “Voidgaze Dopamine Salad” come una vera e propria insalata che – personalmente – è stata per me una discreta fonte di dopamina. Una mia prima apertura – ufficiale – alla produzione musicale da solista, banalmente, un debutto. Un multiverso sonoro dalle sembianze caleidoscopiche, in cui mi rispecchio.